Il contribuente che, pur avendone diritto, non chiede in sede di acquisto le agevolazioni “prima casa” ai fini del Registro, non ha diritto al rimborso dell’imposta versata in misura ordinaria. Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23292 del 26 luglio 2022, in relazione all’acquisto di un’abitazione compiuto mediante un decreto di trasferimento emesso del Tribunale.
In tema di imposta di registro, l’agevolazione “prima casa” è disciplinata dalla Nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al testo unico dell’imposta di registro (Dpr n. 131/1986).
Tale nota prevede espressamente che, affinché sia riconosciuto il beneficio fiscale:
– devono ricorrere determinate condizioni oggettive e soggettive
– il contribuente deve dichiarare di non essere titolare di altre abitazioni situate nel Comune in cui si trova l’immobile acquistato e di non essere titolare, sull’intero territorio nazionale, di altre abitazioni acquistate con le agevolazioni. Inoltre, qualora non sia già residente nel Comune in cui si trova l’immobile acquistato, deve obbligarsi in atto a trasferire la propria residenza in detto Comune.
Nel caso in questione, il contribuente non aveva rilasciato le dichiarazioni previste dalla citata nota II-bis né in sede di aggiudicazione, né in sede di registrazione del decreto di trasferimento.
Chiaramente, stante la mancanza della richiesta dell’agevolazione “prima casa”, al momento della registrazione dell’atto le imposte erano state versate in misura ordinaria.
Successivamente, lo stesso contribuente aveva presentato un’istanza di rimborso al fine di riottenere la differenza tra l’imposta da lui versata e quella ridotta, calcolata con l’aliquota agevolata relativa agli acquisti della “prima casa”.
La richiesta del rimborso era motivata con la circostanza che il contribuente, pur non avendo rilasciato le prescritte dichiarazioni, era comunque in possesso dei requisiti previsti per la concessione del beneficio fiscale.
In seguito al diniego del rimborso da parte dell’ufficio dell’Agenzia delle entrate, presso il quale era stato registrato l’atto, il contribuente ha presentato ricorso in Commissione tributaria.
Le sue osservazioni sono state accolte, sia in primo che in secondo grado, soprattutto in considerazione del fatto che il contribuente stesso aveva dimostrato che, al momento dell’acquisto, era in possesso dei requisiti previsti per la concessione dell’agevolazione e che aveva adibito l’immobile ad abitazione principale.
L’amministrazione finanziaria, avverso la sentenza n. 4374/2020 della Ctr della Sicilia, ha presentato ricorso per cassazione, evidenziando che il contribuente non aveva formalmente chiesto l’agevolazione né al momento dell’acquisto, né al momento della registrazione dell’atto di acquisto.
A tal proposito, i giudici di legittimità hanno ribadito, in motivazione, che, affinché venga concessa l’agevolazione “prima casa”, non è sufficiente che il contribuente sia in possesso dei prescritti requisiti, ma è necessario che egli stesso ne attesti la sussistenza, rilasciando le dichiarazioni previste dalla richiamata nota II-bis.
Con la pronuncia in commento la suprema Corte ha evidenziato che:
- l’articolo 77 del testo unico sull’imposta di registro stabilisce un principio generale, in base al quale un’agevolazione, non richiesta al momento dell’applicazione dell’imposta, non è perduta per sempre, in quanto è possibile rimediare alla mancata richiesta del beneficio fiscale, sia pure entro determinati limiti temporali
- la normativa in tema di agevolazione “prima casa” richiede, però, la collaborazione del contribuente, attraverso il rilascio di determinate dichiarazioni.
Con particolare riferimento agli acquisti in sede di vendita forzata, i giudici hanno confermato che le dichiarazioni “prima casa” devono essere rese necessariamente prima della registrazione del decreto di trasferimento dell’immobile.
Sulla base di tali motivazioni è stato accolto il ricorso dell’amministrazione finanziaria e riconosciuto legittimo il diniego del rimborso.
Sul tema, precisiamo che l’impossibilità di chiedere le agevolazioni “prima casa” direttamente in sede di rimborso, era già stata evidenziata dall’amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 240164 del 30 marzo 1984, con la quale si era espressamente affermato che la normativa in tema di “prima casa” non consente “…che l’agevolazione possa essere richiesta in via di rimborso. E’, infatti,
espressamente previsto in detto articolo che le disposizioni agevolative si applicano a condizione che nell’atto di trasferimento il compratore dichiari, a pena di decadenza, di possedere i requisiti richiesti dalla legge. Pertanto, non essendo possibile alcuna deroga al dettato normativo che condiziona la concessione del beneficio anche al contestuale richiesta dello stesso nell’atto traslativo, l’istanza di rimborso in oggetto indicata non appare meritevole di accoglimento”.
Fonte: Fisco oggi